giovedì 5 giugno 2014

I tardigradi

Sempre più chiaramente obbiettivandosi di grado in grado, la volontà agisce tuttavia ancor del tutto incosciente, come oscura forza impulsiva.

Arthur Schopenhauer, Il Mondo come Volontà e Rappresentazione


Freddo prossimo allo zero assoluto, assenza di ossigeno, vuoto, radiazioni intensissime, questo è l’ambiente dello spazio esterno, e difficilmente si può pensare a condizioni più ostili alla vita. Eppure, alcuni animaletti hanno le potenzialità per sopravvivere anche in condizioni estreme come queste. A dimostralo è una ricerca condotta da Ingemar Jönsson dell’Università di Kristianstad, in Svezia. Gli animali in questione sono i tardigradi, minuscoli invertebrati dalle dimensioni comprese fra gli 0,1 e gli 1,5 millimetri, che vivono normalmente negli ambienti umidi dove prosperano muschi e licheni e sono stati scelti come candidati alla “vita nello spazio” perché quando il loro ambiente, come spesso accade, diventa secco, riescono a entrare in uno stato di criptobiosi, con il metabolismo così abbassato da consentire loro di resistere in quelle condizioni per anni.


La vita di un tardigrado, a seconda delle specie, può durare da qualche settimana di vita attiva fino ad oltre un anno (518 giorni). La vita effettiva diventa poi, in termini di tempo, molto più lunga se si sommano ai momenti di vita attiva quelli di dormienza. La dormienza è motivo di grande interesse dei tardigradi. Essa può essere distinta in due fenomeni: diapausa e quiescenza. Mentre la diapausa è dovuta a stimoli endogeni, la quiescenza, invece, è una risposta diretta a fenomeni esterni all’animale e cessa con la fine della condizione ambientale che l’ha provocata. Essa è rappresentata dalla criptobiosi (= vita nascosta) nelle sue varie manifestazioni, accomunate da un rallentamento (sospensione?) del metabolismo senza la produzione di nuove strutture, ma al più con modificazioni di forma. Non è senza sorpresa che pochissimo tempo fa è stato esaminato un campione di muschio conservato da 10 anni in un freezer (a -80°C) dal quale sono usciti animali che, dopo breve tempo dallo scongelamento, sono risultati decisamente attivi.


Recentemente i tardigradi, proprio per le loro sorprendenti caratteristiche di resistenza agli stress fin qui descritte, sono stati selezionati come modello di organismi pluricellulari da impiegare per esperimenti nello spazio. Ai fini della ricerca diversi esemplari di tardigradi sono stati portati a bordo della navicella spaziale Foton-M3 lanciata dall’ESA nel settembre del 2007 ed esposti, nel corso di un’orbita attorno alla Terra a un’altezza di 270 chilometri, alle condizioni dello spazio aperto, ossia al vuoto, e alle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole e ai raggi cosmici. E’ risultato che molti di essi erano stati in grado di sopravvivere non solo al vuoto e ai raggi cosmici, ma anche a un irraggiamento con raggi UV di intensità oltre mille volte superiore a quella che può esistere sulla superficie del pianeta. E questi sopravvissuti erano anche tranquillamente in grado di riprodursi al ritorno del loro periglioso viaggio.


La capacità di resistere a un irraggiamento ultravioletto così intenso è la cosa che ha più sorpreso i ricercatori, dato che normalmente danneggia in modo irreparabile sia i tessuti sia il materiale genetico, e infatti rappresenta una diffusa pratica per garantire la sterilizzazione degli oggetti. Come ha scritto Jönsson: «Come questi animali riescano a rivitalizzare il loro corpo dopo aver ricevuto una dose di radiazione UV superiore ai 7000 kJm2 in condizioni di vuoto spaziale [...] resta un mistero.»

  • "Come vivere nello spazio aperto", Le Scienze, 10 settembre 2008
  • "I Tardigradi, questi sconosciuti … e questi fenomeni!", Tiziana Altiero, Roberto Bertolani

Bodies of a crematory room in a German concentration camp


Bodies of a crematory room in a German concentration camp

Bodies lie piled against the walls of a crematory room in a German concentration camp in Dachau, Germany. The bodies were found by U.S. Seventh Army troops who took the camp on May 14, 1945.

venerdì 30 maggio 2014

Bella gioventù

La bocca di una ragazza, che era rimasta a lungo nel canneto,
appariva tutta rosicchiata.
Quando le venne aperto il petto, l’esofago era crivellato di buchi.
Si trovò infine in una pergola sotto il diaframma
un nido di giovani topi.
Una piccola sorellina era morta.
Gli altri vivevano di fegato e reni
bevevano il freddo sangue ed era
quella passata qui una bella gioventù.
E bella e rapida venne anche la loro morte:
furono gettati tutti insieme nell’acqua.
Ah, quei musini come squittivano!

Gottfried Benn, Bella gioventù

World War: suicided corpses


World War II: Vienna, 1945.

Soviet officers look at the corpses of Civilians of Vienna who committed suicide in a park near the Parliament building during the fall of the city as the Red Army approached.
  • Photograph by Yevgeni Khaldei, April 1945.

giovedì 29 maggio 2014

Titicut Follies


Frederick Wiseman, Titicut Follies

La mia ricerca sulle istituzioni sociali e sulle persone si basa soltanto sulla forza dell’osservazione, afferma Wiseman. Titicut Follies si pone infatti agli antipodi rispetto al modello documentaristico di denuncia contemporaneo. Wiseman agisce per rigore e sottrazione, come dimostrano l’uso estetico del bianco e nero, una messa in scena essenziale (luce e suoni naturali), l’assenza di commenti fuori campo e di qualsiasi intervento musicale extradiegetico, l’assenza d’artificiosità, interviste, effetti speciali o didascalie. L’avanzamento cronologico risulta esile o assente in favore d’una progressione tematica: micro-storie che s’interrompono e riacciuffano e l’impressione che dalle immagini stia emergendo del senso, senza che un messaggio venga sovracodificato. La follia del reale resa lirica per sobrietà. Wiseman filma lo spazio che si genera tra il farsi delle cose ed il loro racconto.

  • Fuori Orario, Rai3, 11 settembre 2011
  • “ABCinema: Titicut Follies”, Marco Valerio, Whipart
  • “Frederick Wiseman e il cinema leale”, Napoli Monitor n.58
  • Frederick Wiseman, “Intervista con Giuseppe Sedia”, Roma, 11 novembre 2008

"L'uomo è inaccettabile" (Emil Cioran) #4


sabato 24 maggio 2014

Eciton burchelli

Quando Eschilo o Tacito vi sembrano troppo tiepidi, aprite una Vita degli insetti.

Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza


Eciton burchelli è una formica legionaria appartenente alla sottofamiglia Ecitoninae, diffusa in America centrale e meridionale. Una colonna di Eciton burchelli è composta da 700.000 formiche (al massimo 1.000.000) di diverse dimensioni, la cui lunghezza s’attesta sui 15 metri con un fronte di 2. Sono formiche nomadi, senza formicaio, in continuo movimento: quando sostano formano soltanto un bivacco. Il bivacco è costituito da formiche che s’attaccano con le zampe le une alle altre formando un blocco cilindrico dal diametro di 1 metro o più; al centro, completamente protette, la regina e le larve. La loro vita è il susseguirsi d’una fase di territorializzazione (le regine si trasformano in grosse macchine da uova : 30.000 alla settimana), ed una fase di nomadismo in cui le colonne si spostano incessantemente razziando ampie zone di foresta. Durante l’attacco formano una falange a ventaglio con un ampio fronte il quale forma una rete che avvolge le prede: scorpioni, ragni, grossi insetti, lucertole e serpenti. La scorreria avviene di giorno ed è annunciata dal rumore degli uccelli formicari che accompagnano l’esercito di formiche divorando tutti gli insetti che volano per sfuggire all’orda che avanza.


L’attacco e il trasporto delle prede è efficientissimo, ogni formica grande, media o piccola assolve un compito specifico in un meccanismo perfettamente coordinato. Le legionarie presentano infatti un notevole polimorfismo fra le neutre: i soldati, fortissimi, muniti di zanne lunghe ed arcuate, possono assalire le prede più grosse; da loro vengono attaccati e uccisi anche cavalli e greggi, messi poi a disposizione delle altre compagne; le operaie, più piccole, sono altrettanto feroci e s’impegnano a non lasciar vive le creature di proporzioni inferiori. Questi terribili insetti coi loro istinti di distruzione, le loro abitudini nomadi e il gran numero delle orde, esprimono potenze affini alle schiere di Unni e Tartari della nostra storia. Ma se per il più turbolento dei Mongoli era possibile acquietarsi in una forma di vita stabile, le formiche condottiere saranno necessariamente e per sempre condannate entro i limiti del loro tipo di esistenza dalla mano terrea dell’ereditarietà. Il loro nomadismo e la loro ferocia sono permanenti, le loro scorrerie sono invasioni barbariche che non avranno mai fine. 
  • E. Sgrò, Tetramorium
  • J. Sorell Huxley, La vita segreta delle formiche
  • I. Eibl-Eibesfeldt, I fondamenti dell’etologia
  • A. E. Brehm, C. Vogt, “Imenotteri”, Vita degli animali

La sirenomelia


A stillborn “mermaid child”, deformed as an after effect of the Chernobyl disaster

La sirenomelia è una rara malformazione letale, caratterizzata dall'associazione tra gravi difetti della parte caudale del feto: arto inferiore singolo, con vari livelli di interessamento, femore da singolo a separato nello stesso involucro cutaneo, presenza di due piedi (sirena sinpode), un piede (sirena monopode), o assenza dei piedi (sirena ectromelica); anomalie urogenitali, con agenesia renale bilaterale, assenza del tratto di efflusso e assenza dei genitali esterni; ano imperforato; agenesia sacro-coccigea. Tutte insieme queste malformazioni rappresentano la forma estrema di sequenza da regressione caudale. Tra le malformazioni associate descritte, sono state riportate quelle dell'associazione VATER (aplasia radiale, atresia tracheo-esofagea), cardiopatia e spina bifida. Questa malformazione ha una prevalenza di circa 1 su 100.000 nati e di solito è sporadica. Sono stati descritti eccezionali casi familiari.
  • Professor Didier Lacombe, Orpha.net
  • Documenting Reality: Chernobyl Mermaid Kid. Kelly, 2012

venerdì 23 maggio 2014

Meat Triptych


Francis Giacobetti, Meat Triptych, 1991

My painting is not violent; it’s life that is violent. I have endured physical violence, I have even had my teeth broken. Sexuality, human emotion, everyday life, personal humiliation (you only have to watch television) – violence is part of human nature. Even within the most beautiful landscape, in trees, under the leaves the insects are eating each other; violence is part of life.

Francis Bacon, I painted to be loved, interview by Francis Giacobetti
  • February 1992, published in The Art Newspaper, no. 137, June 2003

Mademoiselle Blanche Monnier


Blanche Monnier was a French girl who was kept captive for 24 years in a padlocked, shuttered room where she was forced to live amidst pests, rats, human excrement, and filth.  Her discovery occurred on May 23, 1901 after the Paris Attorney General received an anonymous letter indicating a woman was being held captive in a home located on a “21 rue de la Visitation” street in a wealthy neighborhood of Poiters, France. The anonymous letter read in part:
“Monsieur Attorney General: I have the honor to inform you of an exceptionally serious occurrence. I speak of a spinster who is locked up in Madame Monnier’s house, half starved, and living on a putrid litter for the past twenty-five years – in a word, in her own filth.”
Police arrived at the home, forced open the door, and found an emaciated Blanche Monnier lying in a pool of feces and food debris on a bed in an upstairs room.  Her head hidden under the covers, the 49-year-old woman, who now weighed a mere 55 pounds, was naked, scared and deranged.  She hadn’t seen the sun in 24 years.  A witness to the event described how Blanche was discovered:
“We immediately gave the order to open the casement window.  This was done with great difficulty, for the old dark-colored curtains fell down in a heavy shower of dust.  To open the shutters, it was necessary to remove them from their right hinges.  As soon as light entered the room, we noticed, in the back, lying on a bed, her head and body covered by a repulsively filthy blanket, a woman identified as Mademoiselle Blanche Monnier.  The unfortunate woman was lying completely naked on a rotten straw mattress.  All around her was formed a sort of crust made from excrement, fragments of meat, vegetables, fish, and rotten bread.  We also saw oyster shells and bugs running across Mademoiselle Monnier’s bed.  The air was so unbreathable, the odor given off by the room was so rank, that it was impossible for us to stay any longer to proceed with our investigation.”
The terrified woman was quickly wrapped in a blanket and rushed to the Hôtel-Dieu Hospital in Paris where doctors initially thought that she would die. At the hospital, workers noted that Blanche took great pleasure at being washed and able to breathe clean air.  She exclaimed, “How lovely it is.”  They noted that she had a great aversion to light, according to her instincts, she couldn’t stand it.  Despite claims by Blanche’s brother that she was “foul, angry, overly excited, and full of rage”, doctors noted that Blanche was calm, never wavering for a moment into fits of anger or excitement.

Although Blanche Monnier did put on some weight over time, she never regained her sanity.  She died in a Blois psychiatric hospital in 1913, 12 years after she was discovered captive in her room.