lunedì 28 luglio 2014

Chi parla dell’avvenire è un cialtrone

Chi parla dell’avvenire è un cialtrone, è l’adesso che conta. Invocare i posteri, è parlare ai vermi. Nella notte del villaggio in guerra, il maresciallo custodiva gli animali umani per i grandi mattatoi che avevano aperto. Lui è re, il maresciallo! Re della Morte! Maresciallo Cretelle! Sissignore! C’è niente che ha più potere. Di così potente come lui non c’è che il maresciallo degli altri, là in faccia. Ci restava niente nel villaggio, di vivo, tranne gatti spaventati. Il mobilio fracassato anzitutto, andava a far fuoco per le cucine, seggiole, poltrone, buffet, dai più leggeri ai più pesanti. E tutto quello che si poteva caricare in spalla, se lo portavano con loro, i miei camerati. Pettini, piccole lampade, tazze, piccole cose futili, e perfino corone da sposa, ci passava di tutto. Come ci fosse stato ancora da Vivere per degli anni. Rubavano per distrarsi, per darsi l’aria di averne ancora per molto. Le voglie di sempre. Il cannone per loro era solo un rumore. E’ per questo che le guerre possono durare. Anche quelli che la fanno, che ci sono dentro, non se la immaginano mica. Una pallottola in pancia, avrebbero continuato a tirar su vecchie scarpe per via, perché potevano «ancora servire». Come il montone che, sul fianco, in un prato, agonizza e bruca ancora. La maggior parte della gente non muore che all’ultimo momento; altri cominciano e si prendono vent’anni d’anticipo e qualche volta anche di più. Sono gli infelici della terra.

Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte

"L'uomo è inaccettabile" (Emil Cioran) #5