lunedì 5 dicembre 2016

Le regioni straziate del vizio e del delitto indicano pur sempre il culmine verso il quale tendono le passioni.

Georges Bataille, Su Nietzsche

Se avessi pensato in modo razionale mi sarei fermato. Non stavo pensando razionalmente perchè non faceva che crescere e crescere. Era come se avessi voluto arrivare a un punto in cui non lo controllavo più e non ci fosse ritorno.

Jeffrey Dahmer

Nome: Jeffrey Lionel Dahmer
Soprannome: Il cannibale di Milwaukee
Nato il: 21 Maggio 1960
Morto il: 28 Novembre 1994
Vittime Accertate: 15
Omicidi Confessati: 17
Modus Operandi: Portava le vittime a casa dove venivano drogate, quindi violentate, uccise, nuovamente violentate ed infine fatte a pezzi. Alcune parti del corpo venivano mangiate (bolliva muscoli e cuore), altre mutilate, esportate e conservate, oppure sciolte nell’acido. Principalmente collezionava le ossa del tronco ed il teschio (dipinti ed ornati per l’edificazione di un altarino domestico), gli organi genitali, che conservava nel freezer, lo scalpo e la pelle, che scuoiava, e fotografie dei cadaveri stessi, decapitati. A vittima sedata operava trapanazioni cerebrali ed iniezioni di acqua bollente. La masturbazione avveniva sul cadavere appena strangolato, il coito tra le viscere o tra le ossa dello scheletro.



Jeffrey Dahmer durante il processo

Nel luglio del 1991 Jeffrey Lionel Dahmer si consegnò all’umana historiette nel più sconvolgente dei modi. Si lasciò sfuggire Tracy Edwars, fermato da una volante della polizia ancora ammanettato e seminudo mentre correva per le vie di Milwaukee. Edwars, in evidente stato di choc, raccontò di essere fuggito per miracolo ad un pazzo che lo aveva torturato e tenuto sotto la minaccia d’un coltello in un appartamento non molto distante. Quando le forze dell’ordine entrarono nell’appartamento, i due agenti si trovarono di fronte ad un ragazzo biondo, ben vestito e dai modi gentili. Ma il fetore che proveniva dall’interno era così acuto che i poliziotti fecero irruzione. Dahmer non oppose la minima resistenza, rimanendo seduto sul letto, in silenzio, oscillando in modo ritmico, assente. In grossi bidoni pieni d’acido vennero trovati dei corpi parzialmente liquefatti. Tre teste sotto spirito erano in bella mostra sull’armadio, mentre altre teste giacevano in frigorifero. E ancora pelli e pezzi di carne umana, mani e genitali, sparsi tra il salotto e la cucina. Dahmer confessò quasi subito ciò che aveva fatto, portando alla luce diciassette omicidi. Quel giorno di fine luglio del 1991, Jeffrey Lionel Dahmer regalò al mondo, in tutta la loro efferatezza, gli omicidi che per tredici anni della sua esistenza lo avevano accompagnato.

  • Nel 1978, una sera, caricò in macchina un autostoppista, Stephen Hicks, 19 anni, e gli offrì di andare a bere della birra a casa sua. Hicks accettò, ma poi verso fine serata, quando disse che era ora di andar via, la situazione precipitò. Dahmer gli chiese di restare ancora un pò e, quando l’altro rifiutò, lo tramortì con una sbarra di metallo e lo strangolò. Subito dopo si spogliò, masturbandosi con il cadavere prima di smembrarlo e portarlo nell’intercapedine sotto casa, e lì abbandonarlo.
  • Il 15 settembre del 1987 commise il suo secondo omicidio. Dopo essere stato a letto in albergo con il 24enne Stephen Toumi, lo strangolò. Poi riuscì a trasportare il cadavere in macchina occultandolo in una valigia. Arrivato a casa della vecchia nonna, lo smembrò nel seminterrato e mise i diversi pezzi del cadavere in sacchetti della spazzatura, che abbandonò ai bordi della strada per farli portare via dagli addetti della nettezza urbana.
  • Nella tarda serata del 17 gennaio 1988, incontrò un ragazzo di nome James Doxtator e lo uccise nella casa di sua nonna a West Allis. Il giorno dopo la madre di Doxtator avrebbe denunciato la scomparsa.
  • Circa due mesi dopo, il 27 marzo 1988, Dahmer incontrò Richard Guerrero, ispanico 23enne, e lo uccise ancora in casa della nonna. 
  • Per l’omicidio successivo ci volle quasi un anno. Era il 25 marzo del 1989 quando in un bar chiamato “La Cage”, verso l’ora di chiusura, Dahmer incontrò Anthony Sears, 24enne nero. Sears accettò di seguire Dahmer a casa della nonna, dove fu poi ucciso. Il teschio, lo scalpo ed i genitali furono ritrovati ancora in casa, dalla polizia, quando Dahmer venne arrestato più di due anni dopo.
  • Il 20 maggio 1990, Dahmer incontrò Raymond Smith, 33enne nero, lo portò a casa dove venne drogato e strangolato. Uno dei teschi dipinti ritrovati in casa fu accertato che appartenesse proprio a lui.
  • Il 24 giugno 1990, conobbe al “Phoenix” Edward Smith, 27enne nero. I due andarono in taxi fino a casa di Dahmer. Lì avrebbero avuto un rapporto orale, dopo il quale Smith venne drogato e strangolato. I suo resti non furono mai ritrovati.
  • Settembre 1990, Dahmer entrò in una libreria gay sulla 27esima strada, e si mise a parlare con un giovane di Chicago, Ernest Miller. I due si recarono a casa di Dahmer, dove Miller venne ucciso. Il suo teschio, come quello di Raymond Smith, venne ritrovato tra quelli dipinti che Dahmer conservava in casa. Lo scheletro fu conservato per intero e servì a Dahmer per accompagnare la masturbazione. Entrambi i resti fuorno ritrovati dalla polizia la sera dell’arresto.
  • Ottobre 1990, Jeffrey incontrò e convinse ad andare a casa sua, David Thomas, 22enne nero. Dopo averlo drogato lo uccise e si masturbò sul cadavere, il quale poi sezionò fotografando i diversi passaggi dell’operazione. I resti di Thomas non furono mai ritrovati, ma la sorella della vittima riconobbe il fratello proprio da quelle foto scattate durante il sezionamento.
  • Il 17 febbraio 1991, Dahmer incontrò un 17enne nero, Curtis Straughter. Alla vittima riservò lo stesso macabro trattamento delle precedenti. Venne strangolato con una striscia di cuoio e poi sezionato. Vennero conservati il teschio, le mani ed i genitali, che Dahmer fotografò. Il riconoscimento avvenne grazie alle impronte dentali del teschio dipinto, ritrovato in casa la sera dell’arresto.
  • 7 aprile 1991, stessa libreria gay sulla 27esima strada dove fu adescato Ernest Miller. Dahmer incontrò il 19enne Erroll Lindsey. Stessa tecnica e stessa sorte delle vittime precedenti. Lindsey venne drogato con sonniferi disciolti nella birra e poi strangolato. Il cadavere venne scuoiato e la pelle conservata per diverse settimane. L’identificazione fu possibile attraverso le impronte dentali del teschio, ritrovato nel suo appartamento.
  • Il 24 maggio 1991, al “219 club”, Dahmer incontrò Tony Hughes, 32enne sordomuto. Sebbene Hughes fosse capace di leggere le labbra, i due comunicavano scambiandosi bigliettini. Poi si recarono a casa di Dahmer, dove ebbe inizio il solito rituale. Hughes venne drogato e strangolato. Dopo aver compiuto masturbazione e coito col cadavere, questo venne abbandonato per tre giorni sul letto. Il riconoscimento avvenne ancora tramite le impronte dentali di uno dei teschi ritrovati in casa Dahmer.
  • 27 maggio 1991. E’ la volta di Konerak Sinthasomphone, figlio 14enne di immigrati del Laos. Dahmer lo incontrò davanti al centro commerciale “Grand Avenue Mall” e gli offrì del denaro per seguirlo a casa. Sinthasomphone accettò di posare in mutande per delle foto erotiche prima di venire drogato. Intuendo che qualcosa non quadrava, riuscì a rendersi conto d’aver ingerito delle droghe, così prese in mano tutte le sue forze e riuscì a scappare nella notte. Sono quasi le due quando venne notato dalle 18enni Sandra Smith e Nicole Childress. Le ragazze chiamarono la polizia che intervenne immediatamente alla segnalazione d’un ragazzino nudo che correva per strada. Quando i poliziotti lo fermarono Sinthasomphone riferì, in evidente stato confusionale, dello strano ragazzo biondo, e di come lo avesse attirato in casa. Gli agenti decisero di andare a dare un’occhiata, ma il tutto si concluse con un nulla di fatto. Sinthasomphone venne fatto sedere sulla poltrona e Jeffrey disse loro che si trattava solo di una scaramuccia tra fidanzati, e che il suo ragazzo aveva bevuto un pò troppo. L’aspetto mite di Dahmer e il suo modo di vestire convinsero gli agenti che Sinthasomphone, in effetti, avesse esagerato con l’alcool, e non volendo mettere il dito in faccende private, lasciarono la casa tra le scuse di Dahmer per il falso allarme. La porta si richiuse sulla vita di Sinthasomphone.
  • 30 giugno 1991, Dahmer si recò a Chicago per la parata dell’orgoglio gay e qui incontrò alla fermata dell’autobus il 20enne Matt Turner. Turner accettò di seguire il ragazzo appena conosciuto fino a casa sua a Milwaukee, dove trovò la morte per strangolamento. Venne poi sezionato e la testa ritrovata nel congelatore, così come i suoi organi i quali erano attaccati al fondo dello stesso. Il busto invece venne ritrovato nel grosso barile blu in camera.
  • 6 luglio 1991. Sempre a Chicago, al “Carol’s gay Bar”, Jeffrey incontrò il 23enne portoricano di origini ebree Jeremiah Weinberger. I due andarono in corriera fino a Milwakee. Il giorno dopo venne denunciata la scomparsa di Weinberger, ma questi era ancora vivo. Come già aveva fatto ad altre vittime, dopo essere stato drogato, Dahmer gli aveva praticato con un trapano un piccolissimo foro in testa, rendendolo così innocuo e del tutto ridotto allo stato vegetativo. In questo modo Dahmer poteva praticare le sue fantasie sessuali senza alcuna protesta da parte della vittima. Weinberger morì soltanto il terzo giorno. La sua testa era tra quelle conservate nel grosso congelatore, ed il busto, insieme a quello di Matt Turner, nel barile blu in camera.
  • 15 luglio 1991. Ancora sulla 27esima strada, Dahmer incontrò Oliver Lacy, 24enne nero. Lacy venne drogato e strangolato. Il suo cadavere venne fotografato in varie pose, prima e dopo essere stato decapitato. La testa venne ritrovata insieme allo scheletro nel congelatore. Il cuore invece, nel frigorifero.
  • 19 luglio 1991. Erano passati solo 4 giorni dall’ultimo omicidio quando Dahmer incontrò un giovane bianco, Joseph Bradehoft, dell’Illinois. La sua sorte non fu diversa: drogato e strangolato. Il cadavere venne abbandonato per due giorni sul letto prima di essere smembrato. La testa fu ritrovata nel freezer, mentre il torace, insieme ad altri due, nel barile blu. L’interminabile scia di sangue ebbe fine la sera del 22 luglio 1991, quando Dahmer portò a casa un ragazzo di colore 32enne, Tracy Edwards, che aveva conosciuto pochi giorni prima davanti al centro commerciale.


Forse sono nato troppo tardi. Forse sono un azteco.

Jeffrey Dahmer


  • “I libri neri: Jeffrey Dahmer”, Brian Master
  • “Jeffrey Dahmer”, http://www.serialkillers.it
  • “Jeffrey Dahmer”, http://www.latelanera.com

martedì 1 novembre 2016


Jean-Daniel Pollet, L’Ordre, 1973

L’Ordre is a documentary about a leper colony. Pollet interviews only one articulate, poetic, firebrand leper, while his camera takes on an addition component of disorientation, in sympathy with its subject: it prowls like a trapped animal, wanders erratically through the island terrain, reframes violently along both vertical and horizontal axes. At the film’s center is the magic object of the leper, filmed in startling closeups that confront the audience with the ravages of his disease. The film remains a monster movie, remote and implacable, and its resources are devoted to making us feel monstrous as well, wandering an arid universe that feels like a dying dream.
  • “Jean-Daniel Pollet”, Dan Sallitt

lunedì 31 ottobre 2016

L'ossessione biologica per la specie

Perché così tanta, sempre, compassione per i bambini? […] «I morti sono un centinaio, tra cui dieci bambini». La distinzione, senza individuazione, è fatta esclusivamente per quegli anonimi piccoli dieci, ma sotto il lenzuolo ce ne sono altri novanta […]. «Tra le macerie, tre bambini». E chi era con loro, prima che la casa crollasse? Dunque dove rigorosamente nessun bambino fosse presente, sarà meno infame, meno luttuoso, o peggio indifferente ammucchiare la povera carne bruciacchiata dei non-bambini in una statistica, quando si denuncia una qualche macellazione strategica di umani?

Qui il pensiero soggiacente è la nostra, tutta moderna, ossessione biologica per la specie. Il bambino ucciso o straziato dalle ferite ha più peso e avrebbe più diritto alla compassione in quanto a lui è stato affidato l’immaginario dovere di seminare nuova sventura umana nel criminale e stupido procedere dell’inumana Storia! […] Tutto il nostro puntuale impietosimento va ad ovaie e a testicoli promettenti ma immaturi, non a un Giovannino o a una Angelica in quanto persone […]. I vecchi, esenti dall’obbligo di spingere il carrozzone della Specie, non sono invece degni di figurare, cartellini d’ombra, nelle immagini del mattatoio di Ares destinate a fare […] orrore. Nel cono di luce violenta l’asilo infantile bombardato si beve l’intero compianto; l’ospizio con una trentina di Alzheimer, di crocifissi alle carrozzine con le loro infermiere, decine di corpi mostruosamente ustionati o sepolti sotto macerie, accende un tacito sollievo. Nell’invisibile non ci sono ovulazioni.

Guido Ceronetti, Insetti senza frontiere

mercoledì 6 aprile 2016

Crematorium operations


Dachau, Germany, April 29-May 10, 1945

Survivors of the Dachau concentration camp demonstrate the operation of the crematorium by dragging a corpse toward one of the ovens.

mercoledì 30 marzo 2016

Difesa della corruzione

Se si mettesse su un piatto della bilancia il male che i «puri» hanno riversato sul mondo, e sull’altro il male provocato dagli uomini senza principi né scrupoli, è dalla parte del primo piatto che penderebbe la bilancia. Nella mente che la propone, ogni formula di salvezza appronta una ghigliottina… I disastri delle epoche corrotte sono meno gravi dei flagelli causati dalle epoche di fanatismo; il fango è più piacevole del sangue; e c’è più dolcezza nel vizio che nella virtù, più umanità nella depravazione che nel rigorismo. [...] E’ alle epoche dissolute che va il merito di mettere a nudo l’essenza della vita. […] La «verità» non traspare se non quando gli uomini, dimentichi del delirio costruttivo, si lasciano andare alla dissoluzione delle morali, degli ideali e delle credenze.

Emil Cioran, Sommario di decomposizione

venerdì 19 febbraio 2016

The Elephant Man



A volte penso che la mia testa sia così grande perché è così piena di sogni. 

Joseph Merrick (The Elephant Man)