sabato 30 agosto 2014

Auschwitz


Parete di una camera a gas di Auschwitz

Auschwitz è venuto a dirci il progetto di un annientamento che distrugge fino alla cenere la possibilità della memoria, del nome e della testimonianza.

Jacques Derrida, Nel nome di Europa

Tutto è schiuma

Oceano! […] Questo patriarca osservatore, coevo delle prime epoche del nostro globo sospeso, sorride di pietà quando assiste alle battaglie navali delle nazioni. Ecco qui un centinaio di leviatani usciti dalle mani dell’umanità. Gli ordini enfatici dei superiori, le grida dei feriti, le cannonate, sono solo rumori per annientare qualche secondo. Ora sembra che il dramma sia finito e che l’oceano si sia messo qualcosa nel ventre. Le fauci sono formidabili. Come devono essere grandi verso il basso, in direzione dell’ignoto! Infine, a coronare la stupida commedia, che non è neppure interessante, si vede in mezzo al cielo qualche cicogna attardata dalla stanchezza, che si mette a gridare senza arrestare l’ampiezza del suo volo: «Ma guarda!… Brutto segno! Là sotto c’erano dei puntini neri; ho chiuso gli occhi, e sono scomparsi». Io ti saluto vecchio oceano! Vecchio oceano, grande scapolo, quando percorri la solitudine solenne dei tuoi flemmatici regni giustamente t’inorgoglisci della tua nativa magnificenza, e degli elogi autentici che mi affretto a farti. Voluttuosamente cullato dai molli effluvi della tua maestosa lentezza, che è il più grandioso tra gli attributi di cui il potere supremo ti ha gratificato, svolgi, al centro di un oscuro mistero, sulla tua intera sublime superficie, con la calma consapevolezza della tua eterna potenza, le tue onde incomparabili. Si seguono parallele, separate da brevi intervalli. Appena una diminuisce, un’altra le va incontro ingrossandosi, accompagnate dal malinconico rumore della schiuma che si dissolve per avvertirci che tutto è schiuma.

Lautréamont, I canti di Maldoror (canto primo)

martedì 12 agosto 2014

Cannibalism during Russian famine


Cannibalism during Russian famine, Samara province, Volga region, Russia, 1921

As with other large-scale famines, the range of estimates is considerable. An official Soviet publication of the early 1920s concluded that about five million deaths occurred in 1921 from famine and related disease: this number is usually quoted in textbooks. More conservative figures counted not more than a million, while another assessment, based on the ARA's medical division, spoke of two million. On the other side of the scale, some witnesses spoke of ten million lives. According to Betrand M. Patenaude, "such a number hardly seems extravagant after the many tens of millions of victims of war, famine, and terror in the twentieth century.
  • "Mastering Twentieth-Century Russian History", Norman Lowe
  • "The Big Show in Bololand. The American Relief Expedition to Soviet Russia in the Famine of 1921", Betrand M. Patenaude.

Primate soggetto a vivisezione


Primate soggetto a vivisezione, Università Ebraica di Gerusalemme

Cosa dice quel passo [della Bibbia]? «Il giusto ha pietà del proprio bestiame». – «Ha pietà»! – Che razza di espressione! Si ha pietà di un peccatore, di un malfattore, ma non di un innocente animale. […] «Aver pietà»! Non già pietà, ma giustizia si deve all’animale.

Arthur Schopenhauer, “Della religione”, Parerga e Paralipomena

giovedì 7 agosto 2014

La ballata della cagna

Al mattino nel granaio
dove biondeggiano le stuoie in fila,
una cagna figliò sette,
sette cuccioli rossicci

Sino a sera li carezzava
pettinandoli con la lingua
e la neve disciolta colava
sotto il suo caldo ventre.

Ma a sera, quando le galline
si rannicchiano sul focolare,
venne il padrone accigliato,
tutti e sette li mise in un sacco.

Essa correva sui mucchi di neve,
durando fatica a seguirlo.
E cosi a lungo, a lungo tremolava
lo specchio dell’acqua non ghiacciata.

E quando tornò trascinandosi appena,
leccando il sudore dai fianchi,
la luna sulla capanna le parve
uno dei suoi cuccioli.

Guardava l’azzurro del cielo
con striduli guaiti,
ma la luna sottile scivolava
e si celò nei campi dietro il colle.

E sordamente, come quando in dono
le si butta una pietra per giuoco,
la cagna rotolò i suoi occhi
come stelle d’oro nella neve.

Sergej Esenin, La ballata della cagna

Firework in dog’s mouth


Some boys put a firework in the dog’s mouth and made sure he could not open

On 11 November 2011, two drunken teenagers in Ilidža, Bosnia-Herzegovina, put a rocket explosive firework into a young German Shepherd’s mouth and duct-taped his jaws shut, setting the rocket alight. The firework caused horrific injuries to the dog’s face, but did not kill him. He wandered about for five days before being finally rescued by animal welfare volunteers who took him to a veterinarian’s office. The firework shell was still embedded in the dog’s head, and maggots had started to eat his ruined flesh. The vets determined his injuries could not be helped and he was euthanized.
  • "In memory of Vucko", http://inmemoryofvucko.org/vuckos-story/

lunedì 28 luglio 2014

Chi parla dell’avvenire è un cialtrone

Chi parla dell’avvenire è un cialtrone, è l’adesso che conta. Invocare i posteri, è parlare ai vermi. Nella notte del villaggio in guerra, il maresciallo custodiva gli animali umani per i grandi mattatoi che avevano aperto. Lui è re, il maresciallo! Re della Morte! Maresciallo Cretelle! Sissignore! C’è niente che ha più potere. Di così potente come lui non c’è che il maresciallo degli altri, là in faccia. Ci restava niente nel villaggio, di vivo, tranne gatti spaventati. Il mobilio fracassato anzitutto, andava a far fuoco per le cucine, seggiole, poltrone, buffet, dai più leggeri ai più pesanti. E tutto quello che si poteva caricare in spalla, se lo portavano con loro, i miei camerati. Pettini, piccole lampade, tazze, piccole cose futili, e perfino corone da sposa, ci passava di tutto. Come ci fosse stato ancora da Vivere per degli anni. Rubavano per distrarsi, per darsi l’aria di averne ancora per molto. Le voglie di sempre. Il cannone per loro era solo un rumore. E’ per questo che le guerre possono durare. Anche quelli che la fanno, che ci sono dentro, non se la immaginano mica. Una pallottola in pancia, avrebbero continuato a tirar su vecchie scarpe per via, perché potevano «ancora servire». Come il montone che, sul fianco, in un prato, agonizza e bruca ancora. La maggior parte della gente non muore che all’ultimo momento; altri cominciano e si prendono vent’anni d’anticipo e qualche volta anche di più. Sono gli infelici della terra.

Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte

"L'uomo è inaccettabile" (Emil Cioran) #5


giovedì 24 luglio 2014

Napoleone

Durante la ritirata di Russia, i generali di Napoleone hanno avuto il loro bel daffare per impedirgli d’andarsi a far fare un pompino a Varsavia un’ultima suprema volta dalla polacca del suo cuore. Era così, Napoleone, anche in mezzo ai più grandi disastri e sventure. Niente serio insomma. Anche lui, l’aquila della sua Joséphine! Il fuoco al culo, è il caso di dirlo per e contro tutto. Niente da fare d’altronde fin quando ci hai il gusto di godere e spassartela ed è un gusto che hanno tutti. Ecco la cosa più triste. Non si pensa che a quello! In culla, al caffè, sul trono, nei gabinetti. Dappertutto! Dappertutto! L’uccello! Napoleone o no! Cornuto o no! Prima di tutto godere! Che crepino i quattrocentomila allucinati imberesinati fino al pennacchio! si diceva il grande sconfitto, purché Poleone spari ancora un colpo! Che maiale! E alé! Così è la vita! È così che tutto finisce! Mica serio! Il tiranno è disgustato della parte che recita molto prima degli spettatori! Se ne va a scopare il tiranno quando non ne può più di secernere deliri per il pubblico. Allora bisogna saldargli il conto! Il Destino lo lascia cadere in men che si dica! Non è il massacrare a man salva, che i fanatici gli rimproverano! Certo che no! Quello è niente! Glielo perdonerebbero eccome! Ma esser diventato noioso in un sol colpo, è questo che non gli perdonano. Le cose serie si sopportano solo per finta. Le epidemie finiscono solo nel momento in cui i microbi non ne possono più delle loro tossine. Robespierre l’hanno ghigliottinato perché ripeteva sempre le stesse cose e Napoleone non ha resistito, per quel che lo riguarda, a più di due anni d’una inflazione di Legion d’onore. Fu il suo tormento, di quel pazzo, l’esser costretto a fornire delle voglie d’avventura a mezza Europa stravaccata. Mestiere impossibile. Lui ci restò.

Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte

La spirale della morte delle formiche


La "spirale della morte" delle formiche è un fenomeno osservato molte volte. Un’intera colonia di formiche prende a muoversi seguendo un movimento a spirale, senza sosta, fino a quando non sopraggiunge la morte per sfinimento. La spirale della morte delle formiche, nota anche come “formiche danzanti”, è un fenomeno scientificamente descritto per la prima volta negli anni ’40 del 1900 da Theodore Schneirla, psicologo animale americano. Ogni formica segue quella che ha di fronte, e man mano che altre formiche si aggiungono alla corsa, si forma una spirale di migliaia, milioni di formiche, che continuano a girare senza pausa. Nel 1921 in Guyana, fu avvistata quella che si ritiene la più grossa spirale della morte mai registrata: 400 metri di diametro, talmente estesa che ogni formica impiegava quasi tre ore per terminare un giro. La spirale è durata per due giorni, mietendo migliaia di vittime fino a quando un gruppo di operaie non ha interrotto il processo uscendo dal percorso. Il fenomeno ha origine dalle tracce chimiche lasciate da formiche esploratrici, che creano un involontario percorso a spirale che altre formiche iniziano a seguire. Man mano che le precedenti tracce vengono rafforzate dal passaggio di nuove formiche, altre si aggiungono al movimento circolare, creando col tempo una spirale che può coinvolgere tutta la colonia.
  • "Il mistero della spirale della morte delle formiche", Antikitera.net

martedì 22 luglio 2014

Il diritto di non essere costretti a nascere


Dopotutto non avevo forse trovato la chiave dell'enigma del disumano fenomeno dell'umanità terrestre (e di qualsiasi altra specie umana su un qualsiasi pianeta in un qualsiasi universo)? Le forze nucleari! Bum! (Ma non possiamo aiutare gli altri, nemmeno quelli che abitano sugli astri erranti delle stelle più vicine, poichè le distanze restano pur sempre astronomiche. Dobbiamo dunque aiutare noi stessi. Bum!). E poichè il democratico battista della Georgia si vantava di voler promuovere i diritti umani in tutto il mondo o quasi (progetto assai lodevole, senza dubbio), a maggior ragione dovevo indicargli il più fondamentale diritto umano, se oso dirlo (e al quale per quanto paradossale possa sembrare - bisognerebbe mirare al cento per cento), il diritto umano, dunque, più fondamentale per la nostra umanità intera: quello di non essere costretti a nascere, a "venire al mondo" (per poi dover subito piangere)! (Ancora il coro greco: la più grande felicità che possa toccare in sorte a un uomo è non nascere). Era dunque necessario non sopprimere le bombe, bensì fabbricarne quantità enormi in più, e grosse e molto, molto sporche (o produttrici di molta materia molto, molto a lungo radioattiva) e utilizzarle per rendere impossibile ogni forma di vita su questo pianeta maledetto.

Louis Wolfson, Mia madre, musicista, è morta

Corrida


Il matador Julio Aparicio alle corride della Feria de San Isidro, Madrid, 21 maggio 2010

Già sarebbe un sollievo per me vedere un unico toro che mettesse in fuga questi eroi, i toreri, e in più un’intera arena assetata di sangue.

Elias Canetti, La provincia dell’uomo

giovedì 17 luglio 2014

Qualche parola su me stesso

Amo guardare come muoiono i bambini.
L’avete mai vista la brumosa onda della risacca del riso
dietro la proboscide della tristezza?
Io, invece,
nella biblioteca delle strade
ho sfogliato così spesso il volume delle tombe.
La mezzanotte
palpava con fradicie dita
me
e il chiuso steccato,
e con la calvizie delle cupola imperlata dall’acquazzone
galoppava la cattedrale impazzita.
E vedo: Cristo fuggiva dall’icona,
e la fanghiglia baciava in lacrime
il lembo della tunica sbattuto dal vento.
Io grido contro il muro,
conficco il pugnale delle parole frenetiche
nella polpa del cielo inturgidito:
«Sole!
Padre mio!
Abbi tu almeno pietà, non tormentarmi!
E’ il sangue mio da te versato che scorre sul lungo cammino.

E’ la mia anima
in quei brandelli della lacerata nuvola
sull’arrugginita croce del campanile
nel cielo riarso!
Tempo!
Almeno tu, sciancato pittorucolo di icone,
dipingi la mia immagine
nel sacrario del secolo deforme!
Sono solitario come l’ultimo occhio
di un uomo in cammino verso la terra dei ciechi!»

Vladimir Majakovskij, Qualche parola su me stesso

La scomparsa degli animali


Catena del Lagorai, Trentino-Alto Adige

La scomparsa degli animali è un fatto di una gravità senza precedenti. Il loro carnefice ha invaso il paesaggio; non c’è posto che per lui. L’orrore di vedere un uomo là dove si poteva contemplare un cavallo!

Emil Cioran, Il funesto demiurgo

mercoledì 9 luglio 2014

Il corpo, la carne macellata e lo spirito


Francis Bacon, Fragment of Crucifixion, 1950

La carne macellata è essa stessa testa, la testa ne è divenuta la potenza illocalizzata, come nel Fragment of a crucifixion del 1950, in cui tutta la carne macellata urla sotto lo sguardo di uno spirito-cane che sporge dalla sommità della croce. […] La bocca acquista quella potenza di illocalizzazione che fa della carne macellata una testa senza volto. Essa non è più un organo particolare, ma è il foro attraverso cui l’intero corpo fugge e dal quale la carne discende. Quel che Bacon chiama il Grido nell’immensa pietà che travolge la carne macellata.

Gilles Deleuze, “Il corpo, la carne macellata e lo spirito”, Logica della sensazione

Cane ucciso e bruciato


E' morto poche ore fa il cane ritrovato ieri nelle campagne di Pozzuoli in provincia di Napoli a cui era stato dato fuoco e poi era stato investito. Il cane era stato ritrovato da una volontaria che era a passeggio con il suo cane nel rione Toiano una zona periferica di Pozzuoli. Il cane è stato soccorso e preso in carico dalla clinica veterinaria della ASL partenopea. Purtroppo dopo una lunga agonia il cane è morto. Il cane sarebbe stato usato nei combattimenti ed avendo perso sarebbe stato successivamente bruciato vivo e poi siccome non moriva sarebbe stato investito. L'animale con piaghe su tutto il corpo è vissuto per altre trenta ore. 
  • "Cane ucciso e bruciato, taglia di 20mila eura dell'AIDAA", ScrivoNapoli.it, 9 luglio 2014

giovedì 3 luglio 2014

La felicità in terra

Bisognerà morire, gli dico ancora io, più lussuosamente di un cane e ci metteremo mille minuti a crepare e ogni minuto sarà comunque nuovo e abbastanza carico d'angoscia da farci dimenticare mille volte tutto il piacere che avevamo potuto avere a far l'amore nei mille anni precedenti… La felicità in terra sarebbe morire con piacere, nel piacere… Il resto è niente di niente, è la paura che non osi confessare, è arte.

Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte

Anche i nani hanno cominciato da piccoli


Werner Herzog, Anche i nani hanno cominciato da piccoli

La ferocia filmica di Herzog si solleva da semplice rappresentazione del sadismo e si fa carne stessa della pellicola. Anche i nani.. è così oggetto più oscuro ed inquietante d’un film sulla crudeltà: è un film crudele. La sua struttura, costruita sulla reiterazione di atti sempre più atroci, ha una linearità spiraliforme o un’assenza di linearità la quale, nel sovraccaricare il disagio, mobilita pulsioni più profonde ed irrazionali. La violenza, semmai, è qui funzione astratta degli esseri viventi e affonda le sue radici nel mondo animale, in un altrove di tenebra. Lontano da una mera rappresentazione tematica, il film precipita nell’incongruo, rivelando intensità ad un livello sotterraneo, in difetto d’ogni spiegazione razionale, miracolosamente ingiustificato.
  • “Il cinema di Werner Herzog”, Paolo Sirianni
  • “Anche i nani hanno cominciato da piccoli”, Il Morandini
  • “Anche i nani hanno cominciato da piccoli”, Umberto Ledda

giovedì 26 giugno 2014

Immaginazione

Al Cairo, nelle vicinanze del quartiere copto, abbiamo notato intere infilate di strade con case do quattro o cinque piani sulle quali la gente alleva migliaia di polli e capre e perfino maiali. Abbiamo cercato di immaginare quello che si deve udire quando queste case prendono fuoco.

Thomas Bernhard, Immaginazione

Un quando di ch’è nostra similvita


Carmelo Bene, “Eros”, Quattro momenti su tutto il nulla

Siamo istanti smentiti
‘n dispensata sola
carne fuor di concetto e ‘l che immediato
punto l’unico questo ne preclude
l’attimo ch’è presente nella vita
tradita ’n suo ‘l perché non esser pietra [...]

Ma ‘n suo marcire quanta è più che viva
fuor d’intelletto in noi la carne questa
disinventa irriflessa di che siamo
corpi [angustiati spiriti] da innulla
dominula pensosa soggiogati
ma vaniti ma ‘n’altra d’impensata
una ch’è questa vita

Carmelo Bene, “Un quando di ch’è nostra similvita”, ‘l mal de’ fiori

giovedì 19 giugno 2014

Perpetuare la vita

L’uomo (e così gli altri animali) non nasce per goder della vita, ma solo per perpetuare la vita, per comunicarla ad altri che gli succedano, per conservarla. Nè esso, nè la vita, nè oggetto alcuno di questo mondo è propriamente per lui, ma al contrario esso è tutto per la vita. – Spaventevole, ma vera proposizione e conchiusione di tutta la metafisica. L’esistenza non è per l’esistente, non ha per suo fine l’esistente, nè il bene dell’esistente; se anche egli vi prova alcun bene, ciò è un puro caso: l’esistente è per l’esistenza, tutto per l’esistenza, questa è il suo puro fine reale. Gli esistenti esistono perchè si esista, l’individuo esistente nasce ed esiste perchè si continui ad esistere e l’esistenza si conservi in lui e dopo di lui. Tutto ciò è manifesto dal vedere che il vero e solo fine della natura è la conservazione delle specie, e non la conservazione nè la felicità degl’individui; la qual felicità non esiste neppur punto al mondo, nè per gl’individui nè per la specie. Da ciò necessariamente si dee venire in ultimo grado alla generale, sommaria, suprema e terribile conclusione detta di sopra. (Bologna 11 Marzo 1826)

Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri

Requiem per un elefante

Era uno degli elefanti più noti del Parco nazionale dello Tsavo Est e di tutto il Kenya, per via delle sue zanne giganti. La fama non ha impedito, anzi, ha causato una morte orribile: i bracconieri lo hanno colpito con una freccia avvelenata, ed aspettando si spegnesse, lentamente, dolorosamente, gli hanno staccato la faccia a colpi d'accetta per impadronirsi dell'avorio. Satao era un tusker, da tusk, zanna: un elefante maschio che, per una variante genetica, sviluppa zanne di dimensioni inusitate. "Probabilmente il Kenya è il paese che ospita gli ultimi grandi tuskers", sottolinea Paula Kahumbu, specialista della conservazione della fauna selvatica per la ONG WildlifeDirect". L'elefante è stato ucciso il 30 maggio, ma la notizia è stata data solo di recente dai responsabili di Tsavo Trust. "Con enorme rimpianto dobbiamo confermare senza più dubbi che Satao è morto, ucciso dalla freccia avvelenata di un bracconiere per alimentare una domanda d'avorio apparentemente insaziabile", recita il comunicato. "Un grande e nobile animale è stato ucciso perché qualcuno, in un paese lontano, possa mettersi un soprammobile sulla mensola del camino". 


Oggi la popolazione di elefanti africani è stimata tra le 472.000 e le 690.000 unità: si calcola che negli anni Trenta e Quaranta fossero fino a cinque milioni. La specie è classificata come "vulnerabile" nella Lista Rossa dell'Unione mondiale per la Conservazione della Natura. Si stima che ogni anno tra 30.000 e 38.000 elefanti vengano uccisi da cacciatori d'avorio. Il prezioso materiale viene poi spedito dai porti dell'Africa occidentale e, sempre più spesso, anche di quella orientale. Le principali destinazioni sono la Cina, la Thailandia e altri paesi asiatici dove l'avorio è ancora molto richiesto. 
  • "Requiem per un elefante", Christine dell'Amore, Nationalgeographic.it

martedì 17 giugno 2014

Repulisti per mezzo dell’Idea

Quanti ne sono finiti, sul rogo, di piccoli ostinati credenti, durante le epoche oscure?… E in pasto ai leoni?… E nelle galere?… E inquisiti fino al midollo? Per la Concezione di Maria? Per tre versetti del Testamento? Si posson più contare! I motivi? Facoltativi!… Non vale neanche la pena che ci siano!… I tempi son mica tanto cambiati per questo aspetto! Non è che siamo diventati più difficili! Possiamo tranquillamente crepare tutti per qualche accidente che non esiste! Un Comunismo in mutria!… Non ha importanza, davvero, al punto in cui siamo!… Ma morire per un’idea di cui non capisco niente!… Si è puri anche senza saperlo, comunque!… A pensarci bene, che sia questa la Speranza? E l’avvenire estetico, anche! Le guerre, non si saprà più il perché!… Sempre più formidabili! Che non lasceranno tranquillo più nessuno!… che ci creperanno tutti… tutti diventeranno eroi sul campo… e polvere perdipiù!… Si sbarazzerà la Terra… Siam mai serviti a niente… Repulisti per mezzo dell’Idea…

Louis-Ferdinand Céline, Mea culpa

Dog spinning


Dog spinning (Bulgarian: тричане на куче(та), trichane na kuche(ta)) is a ritual practiced on the first day of Lent in the village of Brodilovo in southeastern Bulgaria. In dog spinning, a dog is suspended above water on a rope. The dog is turned repeatedly in a given direction to wind the rope, then released so that it spins rapidly in the opposite direction as the rope unwinds. This ancient ritual of pagan origin was performed in order to prevent rabies. A reference to this practice in English is in a press release issued by the UK Green Party, issued on July 29, 2005. It includes a statement from Green Party MEP Dr Caroline Lucas, vice-president of the RSPCA and the European Parliament's cross-party Animal Welfare Intergroup. Dr Lucas criticised it as being cruel to dogs, saying "Dog-spinning is a barbaric practice and must not be allowed to continue into the 21st century". Historically the ritual was performed in many other parts of Bulgaria as well and although the exact practice varied regionally, e.g. whipping the dogs instead of spinning them, it was performed on the same date and with the same goal.In the Strandja however, dogs were venerated, and a non harmful ritual was performed. A version of the ritual has been reported in England as early as 1869.
  • Кмет забрани жесток обичай с кучета
  • St. Clair, Stanislas Graham Bower; Brophy, Charles A. (1869). A residence in Bulgaria, p.39
  • Wikipedia "Dog spinning" page

domenica 8 giugno 2014

La Fine Del Mondo

La Fine Del Mondo, che sollievo pensarci! Ma a dire il vero si può parlare soltanto della fine dell’uomo, che è prevedibile, anzi certa, mentre l’altra risulta a stento concepibile. Non si capisce infatti che senso potrebbe avere parlare della fine della materia; una fine così lontana non riguarda nessuno. Restiamo dunque nei paraggi dell’uomo, dove il disastro fa parte del paesaggio, e del programma. 

Emil Cioran, Quaderni 1957-1972

Holiday in Cambodia


Dead Kennedys, Holiday in Cambodia

Un senso acre, tragico e beffardo pervade Holiday in Cambodia. Perla amara del disco, morsa critica tra la società dello spettacolo e i massacri cambogiani, è una delle migliori canzoni di protesta di sempre. La sua rabbiosa denuncia, divenuta sarcastica, sfocia nella satira più nera. Un bolero cinico, perverso, trasfigurato in anatema potente e minaccioso, tra i più trascinanti dell'era punk, con quell’incedere sinistro (“Pol Pot.. Pol Pot..”) a gettare inquiete ombre sopra le certezze della classe media, cuor di tenebra e squarcio sull’orrore.
  • “Dead Kennedys”, Piero Scaruffi
  • “Fresh Fruit for Rotting Vegetables”, Fabio Polvani

giovedì 5 giugno 2014

I tardigradi

Sempre più chiaramente obbiettivandosi di grado in grado, la volontà agisce tuttavia ancor del tutto incosciente, come oscura forza impulsiva.

Arthur Schopenhauer, Il Mondo come Volontà e Rappresentazione


Freddo prossimo allo zero assoluto, assenza di ossigeno, vuoto, radiazioni intensissime, questo è l’ambiente dello spazio esterno, e difficilmente si può pensare a condizioni più ostili alla vita. Eppure, alcuni animaletti hanno le potenzialità per sopravvivere anche in condizioni estreme come queste. A dimostralo è una ricerca condotta da Ingemar Jönsson dell’Università di Kristianstad, in Svezia. Gli animali in questione sono i tardigradi, minuscoli invertebrati dalle dimensioni comprese fra gli 0,1 e gli 1,5 millimetri, che vivono normalmente negli ambienti umidi dove prosperano muschi e licheni e sono stati scelti come candidati alla “vita nello spazio” perché quando il loro ambiente, come spesso accade, diventa secco, riescono a entrare in uno stato di criptobiosi, con il metabolismo così abbassato da consentire loro di resistere in quelle condizioni per anni.


La vita di un tardigrado, a seconda delle specie, può durare da qualche settimana di vita attiva fino ad oltre un anno (518 giorni). La vita effettiva diventa poi, in termini di tempo, molto più lunga se si sommano ai momenti di vita attiva quelli di dormienza. La dormienza è motivo di grande interesse dei tardigradi. Essa può essere distinta in due fenomeni: diapausa e quiescenza. Mentre la diapausa è dovuta a stimoli endogeni, la quiescenza, invece, è una risposta diretta a fenomeni esterni all’animale e cessa con la fine della condizione ambientale che l’ha provocata. Essa è rappresentata dalla criptobiosi (= vita nascosta) nelle sue varie manifestazioni, accomunate da un rallentamento (sospensione?) del metabolismo senza la produzione di nuove strutture, ma al più con modificazioni di forma. Non è senza sorpresa che pochissimo tempo fa è stato esaminato un campione di muschio conservato da 10 anni in un freezer (a -80°C) dal quale sono usciti animali che, dopo breve tempo dallo scongelamento, sono risultati decisamente attivi.


Recentemente i tardigradi, proprio per le loro sorprendenti caratteristiche di resistenza agli stress fin qui descritte, sono stati selezionati come modello di organismi pluricellulari da impiegare per esperimenti nello spazio. Ai fini della ricerca diversi esemplari di tardigradi sono stati portati a bordo della navicella spaziale Foton-M3 lanciata dall’ESA nel settembre del 2007 ed esposti, nel corso di un’orbita attorno alla Terra a un’altezza di 270 chilometri, alle condizioni dello spazio aperto, ossia al vuoto, e alle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole e ai raggi cosmici. E’ risultato che molti di essi erano stati in grado di sopravvivere non solo al vuoto e ai raggi cosmici, ma anche a un irraggiamento con raggi UV di intensità oltre mille volte superiore a quella che può esistere sulla superficie del pianeta. E questi sopravvissuti erano anche tranquillamente in grado di riprodursi al ritorno del loro periglioso viaggio.


La capacità di resistere a un irraggiamento ultravioletto così intenso è la cosa che ha più sorpreso i ricercatori, dato che normalmente danneggia in modo irreparabile sia i tessuti sia il materiale genetico, e infatti rappresenta una diffusa pratica per garantire la sterilizzazione degli oggetti. Come ha scritto Jönsson: «Come questi animali riescano a rivitalizzare il loro corpo dopo aver ricevuto una dose di radiazione UV superiore ai 7000 kJm2 in condizioni di vuoto spaziale [...] resta un mistero.»

  • "Come vivere nello spazio aperto", Le Scienze, 10 settembre 2008
  • "I Tardigradi, questi sconosciuti … e questi fenomeni!", Tiziana Altiero, Roberto Bertolani

Bodies of a crematory room in a German concentration camp


Bodies of a crematory room in a German concentration camp

Bodies lie piled against the walls of a crematory room in a German concentration camp in Dachau, Germany. The bodies were found by U.S. Seventh Army troops who took the camp on May 14, 1945.

venerdì 30 maggio 2014

Bella gioventù

La bocca di una ragazza, che era rimasta a lungo nel canneto,
appariva tutta rosicchiata.
Quando le venne aperto il petto, l’esofago era crivellato di buchi.
Si trovò infine in una pergola sotto il diaframma
un nido di giovani topi.
Una piccola sorellina era morta.
Gli altri vivevano di fegato e reni
bevevano il freddo sangue ed era
quella passata qui una bella gioventù.
E bella e rapida venne anche la loro morte:
furono gettati tutti insieme nell’acqua.
Ah, quei musini come squittivano!

Gottfried Benn, Bella gioventù

World War: suicided corpses


World War II: Vienna, 1945.

Soviet officers look at the corpses of Civilians of Vienna who committed suicide in a park near the Parliament building during the fall of the city as the Red Army approached.
  • Photograph by Yevgeni Khaldei, April 1945.

giovedì 29 maggio 2014

Titicut Follies


Frederick Wiseman, Titicut Follies

La mia ricerca sulle istituzioni sociali e sulle persone si basa soltanto sulla forza dell’osservazione, afferma Wiseman. Titicut Follies si pone infatti agli antipodi rispetto al modello documentaristico di denuncia contemporaneo. Wiseman agisce per rigore e sottrazione, come dimostrano l’uso estetico del bianco e nero, una messa in scena essenziale (luce e suoni naturali), l’assenza di commenti fuori campo e di qualsiasi intervento musicale extradiegetico, l’assenza d’artificiosità, interviste, effetti speciali o didascalie. L’avanzamento cronologico risulta esile o assente in favore d’una progressione tematica: micro-storie che s’interrompono e riacciuffano e l’impressione che dalle immagini stia emergendo del senso, senza che un messaggio venga sovracodificato. La follia del reale resa lirica per sobrietà. Wiseman filma lo spazio che si genera tra il farsi delle cose ed il loro racconto.

  • Fuori Orario, Rai3, 11 settembre 2011
  • “ABCinema: Titicut Follies”, Marco Valerio, Whipart
  • “Frederick Wiseman e il cinema leale”, Napoli Monitor n.58
  • Frederick Wiseman, “Intervista con Giuseppe Sedia”, Roma, 11 novembre 2008

"L'uomo è inaccettabile" (Emil Cioran) #4


sabato 24 maggio 2014

Eciton burchelli

Quando Eschilo o Tacito vi sembrano troppo tiepidi, aprite una Vita degli insetti.

Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza


Eciton burchelli è una formica legionaria appartenente alla sottofamiglia Ecitoninae, diffusa in America centrale e meridionale. Una colonna di Eciton burchelli è composta da 700.000 formiche (al massimo 1.000.000) di diverse dimensioni, la cui lunghezza s’attesta sui 15 metri con un fronte di 2. Sono formiche nomadi, senza formicaio, in continuo movimento: quando sostano formano soltanto un bivacco. Il bivacco è costituito da formiche che s’attaccano con le zampe le une alle altre formando un blocco cilindrico dal diametro di 1 metro o più; al centro, completamente protette, la regina e le larve. La loro vita è il susseguirsi d’una fase di territorializzazione (le regine si trasformano in grosse macchine da uova : 30.000 alla settimana), ed una fase di nomadismo in cui le colonne si spostano incessantemente razziando ampie zone di foresta. Durante l’attacco formano una falange a ventaglio con un ampio fronte il quale forma una rete che avvolge le prede: scorpioni, ragni, grossi insetti, lucertole e serpenti. La scorreria avviene di giorno ed è annunciata dal rumore degli uccelli formicari che accompagnano l’esercito di formiche divorando tutti gli insetti che volano per sfuggire all’orda che avanza.


L’attacco e il trasporto delle prede è efficientissimo, ogni formica grande, media o piccola assolve un compito specifico in un meccanismo perfettamente coordinato. Le legionarie presentano infatti un notevole polimorfismo fra le neutre: i soldati, fortissimi, muniti di zanne lunghe ed arcuate, possono assalire le prede più grosse; da loro vengono attaccati e uccisi anche cavalli e greggi, messi poi a disposizione delle altre compagne; le operaie, più piccole, sono altrettanto feroci e s’impegnano a non lasciar vive le creature di proporzioni inferiori. Questi terribili insetti coi loro istinti di distruzione, le loro abitudini nomadi e il gran numero delle orde, esprimono potenze affini alle schiere di Unni e Tartari della nostra storia. Ma se per il più turbolento dei Mongoli era possibile acquietarsi in una forma di vita stabile, le formiche condottiere saranno necessariamente e per sempre condannate entro i limiti del loro tipo di esistenza dalla mano terrea dell’ereditarietà. Il loro nomadismo e la loro ferocia sono permanenti, le loro scorrerie sono invasioni barbariche che non avranno mai fine. 
  • E. Sgrò, Tetramorium
  • J. Sorell Huxley, La vita segreta delle formiche
  • I. Eibl-Eibesfeldt, I fondamenti dell’etologia
  • A. E. Brehm, C. Vogt, “Imenotteri”, Vita degli animali

La sirenomelia


A stillborn “mermaid child”, deformed as an after effect of the Chernobyl disaster

La sirenomelia è una rara malformazione letale, caratterizzata dall'associazione tra gravi difetti della parte caudale del feto: arto inferiore singolo, con vari livelli di interessamento, femore da singolo a separato nello stesso involucro cutaneo, presenza di due piedi (sirena sinpode), un piede (sirena monopode), o assenza dei piedi (sirena ectromelica); anomalie urogenitali, con agenesia renale bilaterale, assenza del tratto di efflusso e assenza dei genitali esterni; ano imperforato; agenesia sacro-coccigea. Tutte insieme queste malformazioni rappresentano la forma estrema di sequenza da regressione caudale. Tra le malformazioni associate descritte, sono state riportate quelle dell'associazione VATER (aplasia radiale, atresia tracheo-esofagea), cardiopatia e spina bifida. Questa malformazione ha una prevalenza di circa 1 su 100.000 nati e di solito è sporadica. Sono stati descritti eccezionali casi familiari.
  • Professor Didier Lacombe, Orpha.net
  • Documenting Reality: Chernobyl Mermaid Kid. Kelly, 2012

venerdì 23 maggio 2014

Meat Triptych


Francis Giacobetti, Meat Triptych, 1991

My painting is not violent; it’s life that is violent. I have endured physical violence, I have even had my teeth broken. Sexuality, human emotion, everyday life, personal humiliation (you only have to watch television) – violence is part of human nature. Even within the most beautiful landscape, in trees, under the leaves the insects are eating each other; violence is part of life.

Francis Bacon, I painted to be loved, interview by Francis Giacobetti
  • February 1992, published in The Art Newspaper, no. 137, June 2003

Mademoiselle Blanche Monnier


Blanche Monnier was a French girl who was kept captive for 24 years in a padlocked, shuttered room where she was forced to live amidst pests, rats, human excrement, and filth.  Her discovery occurred on May 23, 1901 after the Paris Attorney General received an anonymous letter indicating a woman was being held captive in a home located on a “21 rue de la Visitation” street in a wealthy neighborhood of Poiters, France. The anonymous letter read in part:
“Monsieur Attorney General: I have the honor to inform you of an exceptionally serious occurrence. I speak of a spinster who is locked up in Madame Monnier’s house, half starved, and living on a putrid litter for the past twenty-five years – in a word, in her own filth.”
Police arrived at the home, forced open the door, and found an emaciated Blanche Monnier lying in a pool of feces and food debris on a bed in an upstairs room.  Her head hidden under the covers, the 49-year-old woman, who now weighed a mere 55 pounds, was naked, scared and deranged.  She hadn’t seen the sun in 24 years.  A witness to the event described how Blanche was discovered:
“We immediately gave the order to open the casement window.  This was done with great difficulty, for the old dark-colored curtains fell down in a heavy shower of dust.  To open the shutters, it was necessary to remove them from their right hinges.  As soon as light entered the room, we noticed, in the back, lying on a bed, her head and body covered by a repulsively filthy blanket, a woman identified as Mademoiselle Blanche Monnier.  The unfortunate woman was lying completely naked on a rotten straw mattress.  All around her was formed a sort of crust made from excrement, fragments of meat, vegetables, fish, and rotten bread.  We also saw oyster shells and bugs running across Mademoiselle Monnier’s bed.  The air was so unbreathable, the odor given off by the room was so rank, that it was impossible for us to stay any longer to proceed with our investigation.”
The terrified woman was quickly wrapped in a blanket and rushed to the Hôtel-Dieu Hospital in Paris where doctors initially thought that she would die. At the hospital, workers noted that Blanche took great pleasure at being washed and able to breathe clean air.  She exclaimed, “How lovely it is.”  They noted that she had a great aversion to light, according to her instincts, she couldn’t stand it.  Despite claims by Blanche’s brother that she was “foul, angry, overly excited, and full of rage”, doctors noted that Blanche was calm, never wavering for a moment into fits of anger or excitement.

Although Blanche Monnier did put on some weight over time, she never regained her sanity.  She died in a Blois psychiatric hospital in 1913, 12 years after she was discovered captive in her room.

venerdì 16 maggio 2014

Questo scherzo atroce del durare

Questo nostro corpo, travestito da molecole agitate e banali, si rivolta continuamente contro questo scherzo atroce del durare. Vogliono andarsi a perdere le nostre molecole, al più presto, nell'universo, quelle vezzose! Soffrono d'essere soltanto «noi», cornuti dell'infinito. Scoppieremmo se avessimo un po' di coraggio, invece ci limitiamo a decadere solo da un giorno all'altro. La nostra tortura prediletta è rinchiusa lì, atomica, nella nostra stessa pelle, col nostro orgoglio.

Louis-Ferdinand Celine, Viaggio al termine della notte

The Executioner's Mask


The Executioner's Mask, European, 17th-18th century

Probably part of a scold's bridle, this iron mask was exhibited in the 19th century alongside the block and axe in the Tower of London and described as an executioner's mask.

  • Credit: The Board of Trustees of the Armouries / HIP / TopFoto *** Local Caption *** The Executioner's Mask, European, 17th-18th century

giovedì 15 maggio 2014

Nascita del manicomio


Written on the wall of an abandoned mental asylum

L’asilo ridurrà le differenze, reprimerà i vizi, cancellerà le irregolarità. Esso denuncerà tutto quello che si oppone alle virtù essenziali della società: il celibato, la dissolutezza e «l’estrema perversione dei costumi», la pigrizia. L’asilo si prefigge come scopo il regno omogeneo della morale, la sua estensione rigorosa a tutti coloro che intendono sfuggirvi.

Michel Foucault, “Nascita del manicomio”, Storia della follia nell’età classica

Vitriolage


Vi è un ampio spettro di effetti causati da un'aggressione con acido; la gravità del danno dipende sia dalla concentrazione della sostanza corrosiva utilizzata che dal periodo di tempo in cui essa è rimasta a contatto con i tessuti prima d'esser tolta, questo lavando accuratamente la pelle con un agente neutralizzante. L'acido può molto rapidamente erodere la pelle e lo strato di grasso immediatamente sottostante fino a raggiungere l'osso.
In quanto la maggioranza dei casi è finalizzata a colpire la faccia, le palpebre e le labbra possono essere completamente distrutte e il naso e le orecchie venire gravemente danneggiati. Tra le conseguenze maggiori si possono includere:

  1. Le ossa del cranio sono in parte distrutte o deformate con perdita anche totale dei capelli
  2. La cartilagine dell'orecchio è di solito parzialmente o totalmente distrutta e possono verificarsi casi di sordità
  3. Le palpebre possono venir anch'esse bruciate o deformate, lasciando così gli occhi completamente scoperti e inclini alla cecità; colpendo direttamente l'occhio l'acido danneggia irrimediabilmente la vista
  4. Se colpito, il naso può rimpicciolire e deformarsi, con le narici che possono completamente scomparire venendo distrutta la cartilagine di sostegno
  5. Anche la bocca viene deformata e perdere la propria gamma normale di movimento; se vengono distrutte le labbra si espongono i denti con conseguenti difficoltà d'alimentazione
  6. Le cicatrici possono scendere dal mento fino alla zona più bassa del collo, riducendo lo stesso mento e rendendo estremamente limitata la gamma di movimento del collo
  7. L'inalazione di vapori acidi solitamente provoca difficoltà respiratorie, fino a causare problemi all'esofago

In aggiunta a questi danni specifici, i pazienti corrono anche il rischio di contrarre setticemia, insufficienza renale, depigmentazione cutanea fino a giungere nei casi più estremi alla morte.

  • Ashim Mannan, Samuel Ghani, Alex Clarke, & Peter E.M. Butler, Cases of chemical assault worldwide: A literature review in Burns, vol. 33, nº 2, 19, pp. 149–154. 
  • Keerthi Bollineni, Gender-based violence in public places: acid throwing, Centre for Equality and Inclusion.
  • Acid Violence in Uganda: A Situational Analysis, Acid Survivors Foundation Uganda, novembre 2011, pp. 1–21.
  • Peter B. Olaitan, Bernard C. Jiburum, Chemical injuries from assaults: An increasing trend in a developing country in Indian Journal Of Plastic Surgery, vol. 41, nº 1, January 2008, pp. 20–23.

venerdì 9 maggio 2014

Gli uomini somigliano a orologi


Gli uomini somigliano a orologi, che vengono caricati e camminano, senza sapere il perché; ed ogni volta, che un uomo viene generato e partorito, è l’orologio della vita umana di nuovo caricato, per ancora una volta ripetere, frase per frase, battuta per battuta, con variazioni insignificanti, la stessa musica già infinite volte suonata. Ciascun individuo, ciascun volto umano e ciascuna vita non è che un nuovo breve sogno dell’infinito spirito naturale, della permanente volontà di vivere; non è che una nuova immagine fuggitiva, che la volontà traccia per gioco sul foglio infinito dello spazio e del tempo, lasciandola durare un attimo appena percettibile di fronte all’immensità di quelli, e poi cancellandola, per dar luogo ad altre.

Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione

"L'uomo è inaccettabile" (Emil Cioran) #3


martedì 6 maggio 2014

Che cosa resterebbe delle nostre tragedie


Che cosa resterebbe delle nostre tragedie se una bestiola letterata ci presentasse le sue?

Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza

“Odessa non perdonerà”

Cosa è accaduto esattamente a Odessa il 2 maggio scorso forse non lo sapremo mai. Forse solo fra anni la verità potrà essere scoperta e anche allora ci sarà chi la contesterà. Le ricostruzioni degli eventi vengono piegate agli interessi di parte, in modo da dare la colpa all’una o all’altra fazione. Per questo una verità è impossibile. L’eccidio di Odessa segna il passaggio a una nuova e più violenta fase del conflitto ucraino.

 “Quello che possiamo dare per certo è che gli scontri sono iniziati prima della partita di calcio tra la squadra di casa, il Chornomorets Odessa, e gli ospiti del Metalist Kharkiv” scrive Roland Oliphant, inviato del quotidiano britannico Daily Telegraph.  “Prima di arrivare allo stadio il corteo è stato attaccato da uomini che sembravano essere attivisti filorussi poiché – dicono i testimoni – portavano al petto il nastro nero e arancio di San Giorgio” riporta ancora il Telegraph. Testimonianze analoghe sono state raccolte dalla BBC. Per tutti gli osservatori e i testimoni l’attacco è sembrato ben pianificato. Le riprese video mostrano come gli attaccanti vestissero giubbotti antiproiettile, caschi, scudi e bastoni. Non sarebbero mancate le pistole. I morti erano quindi inevitabili e, anzi, cercati dagli assalitori.


Il dottor Andrei Vegerzhinsky, medico responsabile dell’Ospedale n°1, ha dichiarato al Telegraph che dalle ore 16 è cominciato l’afflusso di feriti. Circa novanta persone sono state curate nel suo ospedale e molte riportavano ferite da proiettili di gomma. Alle 18.40 una donna è arrivata con una ferita di arma da fuoco che le aveva reciso un arteria ed è morta dissanguata venti minuti dopo. Un capitano di polizia è attualmente ricoverato con gravi lesioni da arma da fuoco e un’altra vittima si troverebbe tra la vita e la morte con un polmone perforato. 

Giunti nella piazza antistante il palazzo dei Sindacati, i filorussi hanno costruito barricate. In quella piazza c’era un accampamento di tende dei filorussi che da qualche settimana protestavano contro il governo di Kiev. Essi erano però estranei alle violenze di quel giorno ed erano perlopiù giovani, ragazzi e ragazze, disarmati e provenienti dalle zone circostanti. Il gruppo filorusso che assalì il corteo pro-Maidan, andando in quella piazza, ha esposto altre persone a una violenza di cui non erano responsabili. Non sapremo mai se si è trattato di un calcolo (per usarli come scudi umani, come sostiene qualcuno) o di un caso.


Una cosa è certa, spaventati dall’arrivo dei pro-Maidan i filorussi della tendopoli hanno cercato rifugio dentro il palazzo del Sindacato. I pro-Maidan hanno presto sfondato le barricate erette dai filorussi violenti che sono quindi scappati anch’essi dentro al palazzo del Sindacato. Dentro al palazzo si trovavano quindi manifestanti pacifici, il gruppo di violenti e gente comune che lavorava negli uffici del Sindacato.

Arriviamo così al momento che ha trasformato i tafferugli in una tragedia. Non sapremo mai chi ha scatenato l’incendio: se i filorussi dall’interno o le bombe incendiare lanciate dall’esterno da parte degli assedianti pro-Maidan. Questi ultimi sostengono che l’incendio sarebbe scoppiato in modo accidentale al terzo piano dell’edificio, forse una molotov sganciata per sbaglio da qualche filorusso. Molte immagini e video mostrano però che le bottiglie incendiare furono lanciate, e in buon numero, dall’esterno. Può il palazzo essere andato a fuoco non per quelle lanciate dai pro-Maidan ma per una sganciata accidentalmente all’interno dai filorussi? Ricostruire l’accaduto richiederebbe lunghe e dettagliate indagini che, al momento, sembrano impossibili e che in ogni caso potrebbero essere contestate o condotte in modo irregolare.


Sappiamo però che la polizia lasciò fare, senza intervenire come già aveva fatto nel pomeriggio a favore dei filorussi. Sappiamo anche che le persone che si trovavano all’interno dell’edificio sono state aiutate a trovare scampo dalle fiamme anche da alcuni assedianti mentre altri, incuranti, esultavano per l’incendio. Al momento risultano 46 vittime, morte soffocate e carbonizzate dentro al palazzo. 

Il giorno dopo l’incendio a Odessa è esplosa la rabbia dei parenti delle vittime ma anche dei cittadini comuni. Migliaia di persone si sono radunate intorno al palazzo del Sindacato per protestare contro la polizia il cui capo è stato silurato dal governo all’indomani dell’eccidio. Uno di loro, intervistato dal Guardian, era Alexander Lugansky, veterano della guerra in Afghanistan, venuto per deporre cinque garofani rossi: “Mosca e Kiev sono entrambe colpevoli – ha detto – Odessa non perdonerà”.

Matteo Zola, East Journal (eastjournal.net)

venerdì 2 maggio 2014

A che scopo combattere fra noi?


Bergen-Belsen, aprile 1945. Fossa comune 

Ne ho abbastanza; a che scopo dobbiamo combattere fra noi, tutti noi, esseri umani? Sederci uno vicino all’altro dovremmo, e starcene in pace. E’ stato commesso un errore quando siamo stati creati; ci manca qualcosa, non so che nome dargli… Ma non lo troveremo di sicuro frugandoci vicendevolmente nelle viscere… A che scopo allora sventrarci l’un l’altro?

Georg Büchner, La morte di Danton

Progresso scientifico


Il professor Ludwig Fick di Marburg racconta nel suo libro “Sulle cause delle formazioni ossee” (1857) di aver estirpato a giovani animali i bulbi oculari al fine di ottenere una conferma della sua ipotesi secondo cui, in simili casi, le ossa crescono nei vuoti creatisi dopo l’estirpazione! Ancora: una menzione particolare meritano gli obbrobri che il barone Ernst von Bibra ha commesso a Norimberga e che, tanquam re bene gesta, racconta con incomprensibile disinvoltura al pubblico. Egli ha fatto deliberatamente morire di fame due conigli! Al fine di effettuare la ricerca, del tutto inutile ed oziosa, se a causa della morte per fame le particelle chimiche del cervello subiscano una modifica nelle loro proporzioni! Per l’utilità della scienza – n’est-ce pas? È mai possibile che a quei signori del bisturi e del crogiuolo non venga mai in mente che essi sono in primo luogo esseri umani e poi chimici? Come si può dormire tranquillamente, quando si tengono prigioniere in gabbia creature innocenti, [...] allo scopo di far patire loro una morte lenta e straziante per fame? È mai possibile che simili studiosi non si sveglino di soprassalto nel sonno?

Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena

giovedì 1 maggio 2014

Dead Skin Mask


Slayer, Dead Skin Mask

Dead Skin Mask è ispirata alle vicende di Ed Gein

Il 17 novembre 1957 la commessa di una drogheria di nome Bernice Worden sparì nel nulla. Fra i sospettati compariva Ed Gein. Durante l’ispezione di un capanno di proprietà di quest’ultimo, gli agenti fecero la prima macabra scoperta: il corpo della Worden, decapitato e appeso dalle caviglie, aperto in due a partire dagli organi sessuali; le mutilazioni erano state inflitte postmortem. La donna era stata uccisa con una carabina calibro 22. La testa fu rinvenuta in un’altra stanza della casa, con due chiodi conficcati ai lati. Nel resto della casa le autorità trovarono, tra le altre cose:

  •  quattro nasi;
  •  numerose ossa umane;
  •  calotte craniche trasformate in ciotole;
  •  nove maschere fatte in pelle umana mummificata e somigliante al cuoio;
  •  dieci teste di donne utilizzate come decorazioni nella camera da letto;
  •  una lampada con il manico di una colonna vertebrale;
  •  il rivestimento di un’altra lampada fatto in pelle umana;
  •  due labbra umane che decoravano una finestra;
  •  nove vagine in una scatola di scarpe.

La caccia alle foche

La caccia annuale alle foche è, come la pesca, un’industria importante ed una antica tradizione per gli abitanti delle comunità costiere canadesi. Le foche sono una risorsa naturale, fonte di reddito per quelle cittadine e quei villaggi remoti dove non esistono altre alternative. Sfortunatamente, questa attività industriale e la sua importanza economica per migliaia di Canadesi viene spesso fraintesa e condannata da immagini retoriche e di sensazionalismo che spesso raccontano una versione soggettiva, di parte - nonché talvolta addirittura falsa - sulla caccia alle foche. Il risultato è che l’industria, e le persone che dipendono da essa per la loro sopravvivenza, vengono ingiustamente messi in cattiva luce da organizzazioni potenti che antepongono i loro fini alla verità.

Ministero della pesca e degli oceani - Governo del Canada


La caccia alle foche è una attività legittima e sostenibile, basata su principi universali di conservazione faunistica; viene svolta in maniera umanamente accettabile ed è soggetta a regolamentazione severa. La popolazione delle foche in Canada è in salute ed è abbondante. Le cifre attuali indicano che le foche “della Groenlandia” - la specie più importante per questa industria - superano i cinque milioni di esemplari, quasi tre volte il numero rilevato negli anni settanta. Il governo del Canada applica delle severe misure di conservazione e si adopera con impegno per una gestione attenta delle foche onde assicurare che le colonie continuino ad essere forti e sane per anni a venire. Le foche cacciate sono animali autonomi che hanno già mutato il loro bianco manto da cucciolo. Non fanno più parte del nucleo familiare. La caccia ai cuccioli di foca “della Groenlandia” e di foca “dal Cappuccio” è severamente vietata, come anche il commercio, la vendita o il baratto delle pellicce di questi cuccioli.

Ministero della pesca e degli oceani - Governo del Canada


Per impedire un trattamento non sarebbe umanamente accettabile, le foche vengono soppresse velocemente ed in conformità con severi regolamenti. I metodi utilizzati per la caccia alle foche in Canada sono stati oggetto di molti studi ed sono stati approvati dalla Commissione Reale per le Foche e per la Caccia alle Foche la quale ha rilevato che i metodi usati per la caccia alle foche sono paragonabili a quelli adoperati per la caccia di altre specie animali selvatiche, nonché a quelli usati nei mattatoi per uccidere animali domestici - quali bovini e pollame - destinati al consumo umano. Due anni fa, l’Associazione Canadese di Medici e Veterinari (CVMA) ha pubblicato il Rapporto Speciale sulla Protezione degli Animali e la Caccia alle Foche della Groenlandia nel Canada Atlantico il quale ha decretato che praticamente tutte le foche della Groenlandia - un buon 98% - vengono uccisi nella maniera più rapida possibile.

Ministero della pesca e degli oceani - Governo del Canada



mercoledì 30 aprile 2014

La storia non progredisce


Varsavia. Epurazioni staliniane. Fossa comune

La storia non progredisce in base a principi democratici: avanza per mezzo della violenza.

Gottfried Benn, Doppia vita, 1950

Paralytic Child Walking


Eadweard Muybridge, Infantile paralysis: child walking on hands and feet (plate 539 from Animal Locomotion, 1887)

La paralisi cerebrale infantile indica i disturbi neuromuscolari a carattere non progressivo dovuti a lesioni cerebrali stabilitesi prima della nascita (da ipossia fetale, da difetti di sviluppo del sistema nervoso), oppure al momento della nascita (per ipossia da parto prolungato, da farmaci, da prematurità) o anche dopo la nascita (per es. in conseguenza di encefaliti). Essa comporta una perdita più o meno estesa di tessuto cerebrale. I quadri clinici sono molto vari, con prevalenza in alcune forme dei disturbi motori (problemi ortopedici, sensoriali), in altre dei disturbi psichici (problemi cognitivi, comportamentali), in altre ancora di manifestazioni convulsive (epilessia).


Francis Bacon, Paralytic Child Walking on All Fours (from Muybridge), 1961

Penso sia il lieve distacco dal reale che mi rituffa con maggior violenza nel reale stesso. Attraverso l'immagine fotografica mi ritrovo a vagare dentro l'immagine e a estrarne quella che ritengo sia la sua realtà più di quanto mi sia possibile semplicemente guardando a quella realtà. E le fotografie non sono solo punti di riferimento; spesso funzionano come detonatori di idee. [...] Le fotografie di Muybridge sono state un tentativo di registrare il movimento umano: un dizionario, in un certo senso. E questa cosa di creare delle serie è probabilmente collegata al fatto di aver guardato quei libri di Muybridge in cui le varie fasi di un movimento vengono mostrate attraverso fotografie separate.

Francis Bacon, Interviste con David Sylvester


Francis Bacon, After Muybridge - Woman emptying a bowl of water and paralytic child on all fours, 1965

Gli elementi che isolano la Figura, il tondo o il parallelepipedo, divengono essi stessi motori, e Bacon non rinuncia al progetto che una scultura mobile realizzerebbe più facilmente: poter spostare il contorno o il basamento lungo l'armatura, in modo che la Figura compia il suo "giretto" quotidiano. Ma è appunto il carattere di questo giretto a darci qualche ragguaglio sullo statuto del movimento in Bacon. Mai Beckett e Bacon sono stati tanto vicini; si tratta proprio di un giretto simile alle passeggiate dei personaggi di Beckett, i quali si spostano traballanti, senza mai lasciare il loro tondo o il loro parallelepipedo. Si tratta della passeggiata del bambino paralitico e di sua madre, entrambi carponi sul bordo della balaustra, in una curiosa corsa a handicap. [...] Così che, anche quando il contorno si sposta, il movimento consiste più nell'esplorazione amebica, cui la Figura si dedica dentro il contorno, che nello spostamento medesimo. Il movimento non spiega la sensazione, al contrario, si spiega con l'elasticità della sensazione, con la sua vis elastica. Secondo la legge di Beckett o di Kafka, al di là del movimento c'è l'immobilità, al di là dello stare in piedi c'è lo stare seduti, lo stare distesi, per poi infine dissolversi. L'autentico acrobata è quello dell'immobilità entro il tondo. 

Gilles Deleuze, Logica della sensazione

lunedì 28 aprile 2014

Imparare dalla storia

Iraq, 2003

Imparare dalla storia che non c’è niente da imparare dalla storia.

Elias Canetti, La tortura delle mosche

La peste di Atene

Da prima avevano il capo bruciante d’arsura, entrambi gli occhi rossi d’interna luce diffusa. Trasudava sangue la gola, dentro annerita, ostruita da piaghe si serrava la via della voce, e l’interprete della mente, la lingua, colava umore sanguigno, indebolita dal male, grave a muoversi, ruvida al tatto. Poi, quando per le fauci la forza del morbo aveva riempito il petto, affluendo fin dentro al cuore afflitto degli infermi, cedevano allora tutti i serrami della vita. L’alito fuor dalla bocca versava un lezzo greve, come odorano nel disfacimento i cadaveri abbandonati. Subito languivano tutte le forze dell’anima e tutto il corpo, sul limitare stesso della morte. Ai mali intollerabili erano assidui compagni un’ansiosa angoscia e un lagno solcato da gemiti. Spesso, notte e giorno, senza mai sosta, un singhiozzo frequente li logorava, costringendoli a contrarre tendini e membra già estenuati. Né per troppa arsura avresti notato in alcuno che scottasse la superficie della pelle, ma piuttosto era tiepido il contatto offerto alle mani; ma insieme tutto il corpo rosseggiava d’ulcere quasi impresse a ferro rovente, come avviene quando il fuoco sacro si spande per le membra. La parte interna del corpo ardeva fino alle ossa, nello stomaco divampava una fiamma come in una fornace. Nessun indumento, per quanto leggero e sottile, poteva dar ristoro ad alcuno, ma sempre e solo vento e frescura. Nei fiumi gelidi alcuni abbandonavano le membra ardenti per il morbo, lanciando il corpo nudo nelle onde. Molti a capofitto piombarono nell'acqua fonda dei pozzi, mentre s’accostavano spalancando la bocca protesa: un’arida sete implacabile, che travolgeva i corpi nelle acque, rendeva pari una gran pioggia a poche gocce. Non c’era tregua al male: i corpi giacevano esausti. La medicina balbettava in muto sgomento, ché sbarrati e ardenti per la malattia di continuo roteavano gli occhi privati del sonno. E molti altri segni di morte allora apparivano: la coscienza dell’animo offuscata da tristezza e paura, accigliata la fronte, il viso duro e stravolto, tormentate le orecchie e piene di ronzii, frequente il respiro o profondo e interrotto, lucide stille di sudore sparse sul collo, rari sputi minuti, macchiati di colore giallastro e salsi, espulsi a stento per la gola da una tosse rauca. Non cessavano di contrarsi i nervi delle mani, tremare gli arti, e dai piedi strisciare su, lentamente, il freddo. Infine, avvicinando il momento supremo, le narici erano compresse, la punta del naso aguzza e sottile, incavati gli occhi, affossate le tempia, fredda e dura la pelle del volto, floscia la bocca aperta, la fronte tesa e gonfia. 
Poco di poi le membra giacevano nella rigidità della morte.

Lucrezio, “La peste di Atene”, De rerum natura, VI, 1145-1196 
(sottile rielaborazione dalla stupenda traduzione di Armando Fellin)