Sempre più chiaramente obbiettivandosi di grado in grado, la volontà agisce tuttavia ancor del tutto incosciente, come oscura forza impulsiva.
Arthur Schopenhauer, Il Mondo come Volontà e Rappresentazione
Freddo prossimo allo zero assoluto, assenza di ossigeno, vuoto, radiazioni intensissime, questo è l’ambiente dello spazio esterno, e difficilmente si può pensare a condizioni più ostili alla vita. Eppure, alcuni animaletti hanno le potenzialità per sopravvivere anche in condizioni estreme come queste. A dimostralo è una ricerca condotta da Ingemar Jönsson dell’Università di Kristianstad, in Svezia. Gli animali in questione sono i tardigradi, minuscoli invertebrati dalle dimensioni comprese fra gli 0,1 e gli 1,5 millimetri, che vivono normalmente negli ambienti umidi dove prosperano muschi e licheni e sono stati scelti come candidati alla “vita nello spazio” perché quando il loro ambiente, come spesso accade, diventa secco, riescono a entrare in uno stato di criptobiosi, con il metabolismo così abbassato da consentire loro di resistere in quelle condizioni per anni.
La vita di un tardigrado, a seconda delle specie, può durare da qualche settimana di vita attiva fino ad oltre un anno (518 giorni). La vita effettiva diventa poi, in termini di tempo, molto più lunga se si sommano ai momenti di vita attiva quelli di dormienza. La dormienza è motivo di grande interesse dei tardigradi. Essa può essere distinta in due fenomeni: diapausa e quiescenza. Mentre la diapausa è dovuta a stimoli endogeni, la quiescenza, invece, è una risposta diretta a fenomeni esterni all’animale e cessa con la fine della condizione ambientale che l’ha provocata. Essa è rappresentata dalla criptobiosi (= vita nascosta) nelle sue varie manifestazioni, accomunate da un rallentamento (sospensione?) del metabolismo senza la produzione di nuove strutture, ma al più con modificazioni di forma. Non è senza sorpresa che pochissimo tempo fa è stato esaminato un campione di muschio conservato da 10 anni in un freezer (a -80°C) dal quale sono usciti animali che, dopo breve tempo dallo scongelamento, sono risultati decisamente attivi.
Recentemente i tardigradi, proprio per le loro sorprendenti caratteristiche di resistenza agli stress fin qui descritte, sono stati selezionati come modello di organismi pluricellulari da impiegare per esperimenti nello spazio. Ai fini della ricerca diversi esemplari di tardigradi sono stati portati a bordo della navicella spaziale Foton-M3 lanciata dall’ESA nel settembre del 2007 ed esposti, nel corso di un’orbita attorno alla Terra a un’altezza di 270 chilometri, alle condizioni dello spazio aperto, ossia al vuoto, e alle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole e ai raggi cosmici. E’ risultato che molti di essi erano stati in grado di sopravvivere non solo al vuoto e ai raggi cosmici, ma anche a un irraggiamento con raggi UV di intensità oltre mille volte superiore a quella che può esistere sulla superficie del pianeta. E questi sopravvissuti erano anche tranquillamente in grado di riprodursi al ritorno del loro periglioso viaggio.
La capacità di resistere a un irraggiamento ultravioletto così intenso è la cosa che ha più sorpreso i ricercatori, dato che normalmente danneggia in modo irreparabile sia i tessuti sia il materiale genetico, e infatti rappresenta una diffusa pratica per garantire la sterilizzazione degli oggetti. Come ha scritto Jönsson: «Come questi animali riescano a rivitalizzare il loro corpo dopo aver ricevuto una dose di radiazione UV superiore ai 7000 kJm2 in condizioni di vuoto spaziale [...] resta un mistero.»
- "Come vivere nello spazio aperto", Le Scienze, 10 settembre 2008
- "I Tardigradi, questi sconosciuti … e questi fenomeni!", Tiziana Altiero, Roberto Bertolani
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